Tag: Israele

  • Scarafoni e il peso delle parole

    Scarafoni e il peso delle parole

    Alto Adige del 26/06/2025 – di Luca di Biasio

    Gentile Redazione,

    ho letto con attenzione l’improbabile e decisamente faziosa ricostruzione storica del conflitto arabo-israeliano proposta dalla consigliera Scarafoni sulle pagine del vostro giornale. Ritengo sia doveroso offrire alcune precisazioni in merito ai temi maldestramente affrontati nell’articolo intitolato “Israele difende tutti noi”.

    Non entrerò nel merito della complessità storica del conflitto: chiunque abbia un minimo di onestà intellettuale sa che sarebbe impossibile sintetizzarla in poche righe. Esiste una vastissima bibliografia sul tema, a disposizione di chiunque voglia approfondire. Segnalo anche il film “No Other Land”, realizzato da un da un collettivo israelo-palestinese, che descrive con grande lucidità la situazione attuale.

    I punti che desidero chiarire sono i seguenti:

    1. Continuare a parlare di “politica difensiva” da parte di Israele, mentre è in corso un’operazione di ridefinizione geopolitica su vasta scala, è miopia politica. Così come è pura miopia (per essere buoni) non considerare le accuse di genocidio che vengono, tra gli altri, da organi internazionali.

    2. Le azioni del governo israeliano mettono seriamente in pericolo il nostro presente e il nostro futuro. Oltre al rischio di escalation militare che ci potrebbe vedere coinvolti, l’odio che si sta alimentando, le ferite che si stanno infliggendo alla popolazione civile, rischiano di produrre conseguenze drammatiche anche in Europa. Si potrebbe, purtroppo, assistere a un ritorno del terrorismo come forma di vendetta verso i paesi percepiti come sostenitori dell’attuale politica di Israele (su questo consiglio la lettura di V13 di Emmanuel Carrère)

    3. Trovo particolarmente grave accusare di antisemitismo chiunque condanni le azioni di Israele visto che, contro la politica di Netanyahu, si sono espressi tanti intellettuali di origine ebraica e tanti, come la sinistra, che si sono formati sulle parole di Primo Levi e hanno sempre lavorato perché non venisse dimenticata quella tragedia storica che fu la Shoah. Trovo ancora più inaccettabile che simili accuse provengano da ambienti in cui, a ben guardare, resistono forse nostalgie del ventennio.

    4. Infine, il passaggio in cui si parla delle “nuove generazioni che, stolte, portano in trionfo la bandiera palestinese, quella iraniana e quella dei gay, LGBT-Q+, senza sapere che nei paesi arabi, in Iran soprattutto, agli omosessuali tagliano la testa” rappresenta il punto più basso dell’intervento della consigliera. Non solo per il tono sprezzante, ma perché tale ragionamento porta a una conclusione pericolosa: cioè che, se un paese non rispecchia i nostri valori, allora possiamo tollerare la sua distruzione o addirittura giustificarla. Questa non è politica: è un abominio morale.

    È assolutamente legittimo, e direi doveroso, condannare il genocidio di un popolo e difenderne i diritti, anche se non si condivide la politica del suo governo.

    Ma tutto questo la consigliera non lo sa.

  • Trumps Vorstellung von Frieden:Ist das die Demokratie?

    Trumps Vorstellung von Frieden:Ist das die Demokratie?

    Der Raketenangriff auf die iranischen Atomanlagen ist ein Kriegsakt.

    Präsident Trump hat dies beschlossen – unter Missachtung des Kongresses und des Völkerrechts.

    Diejenigen, die in den USA das Sagen haben, versuchen, ihre Demokratie zu exportieren, behandeln sie jedoch bei der eigenen Machtausübung wie ein lästiges Hindernis.

    Dies geschieht im stillschweigenden Einvernehmen all jener in Europa, die lieber an ihrer Seite marschieren.

    Man muss das iranische Regime – das unseren Werten fern steht – nicht gutheißen, um das Offensichtliche zu erkennen: Trump und Netanjahu treiben die Welt in einen perversen Krieg, jenseits aller Regeln.

    Sie sprechen von „Frieden durch Stärke“, doch in Wirklichkeit ist es die alte Logik imperialer Macht: Gehorsam wird mit Bomben erzwungen, Allianzen werden mit Raketen neu geordnet, und das Völkerrecht gilt als nebensächlich.

    Das ist keine Diplomatie. Das ist Herrschaft.

    Abrüstung ist das einzige Gegenmittel gegen diese Eskalation – eine radikale Entscheidung, die Gewalt als politisches Mittel ablehnt und den Weg für einen echten Frieden ebnet.

    Mitten in einer sozialen und ökologischen Krise scheint jedoch die Aufrüstung zur wahren Priorität der globalen Mächte geworden zu sein.

    Auch Italien folgt unter der Regierung Meloni diesem Kurs: Die Militärausgaben auf 2 % des BIP heute und 5 % in Zukunft zu erhöhen – wie von der NATO gefordert – bedeutet, in den nächsten zehn Jahren 400 Milliarden Euro zu investieren, die bei Bildung, Gesundheit, Verkehr, Klima und Renten fehlen werden.

    Es trifft, wie immer, die Schwächsten.

    Ministerpräsidentin Giorgia Meloni hat bisher kein Wort gesagt.

    Wird sie weiterhin Seite an Seite mit Trump stehen – auch nach einem völkerrechtswidrigen Angriff auf einen souveränen Staat? Wird sie weiterhin den Verbündeten Netanjahu unterstützen?

    Die italienische Regierung darf nicht Komplizin eines neuen Angriffskriegs werden. Sie muss das Schweigen brechen und Druck auf die europäischen Institutionen ausüben, damit diese sich klar distanzieren und eine eigenständige, aktive Rolle für Entspannung und Diplomatie übernehmen – nicht für militärische Gefolgschaft.

    Jede Stunde der Zweideutigkeit ist eine Stunde, die der Gewalt geschenkt wird.

    🔴 Wir als Sinistra die Linke verurteilen entschieden den US-Angriff und die Arroganz des Imperialismus, der glaubt, die Spielregeln der Welt zu seinen Gunsten neu schreiben zu dürfen.

    Wir akzeptieren nicht länger, dass die Sicherheit der Starken mit der Zerstörung anderer bezahlt wird.

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    Italiano: La pace secondo Trump: è questa la democrazia?

    L’attacco missilistico agli impianti nucleari iraniani è un atto di guerra.

    Lo ha deciso il presidente Trump ignorando il Congresso e il diritto internazionale.

    Chi comanda negli Stati Uniti cerca di esportare la sua democrazia mentre, per il proprio esercizio del potere, la tratta come fosse un ostacolo.

    Questo avviene nel silenzio complice di chi, in Europa, preferisce andarci a braccetto.

    Non serve approvare l’operato del regime iraniano, che non potrebbe essere più distante dai nostri valori, per vedere ciò che è evidente: Trump e Netanyahu stanno trascinando il mondo in una guerra perversa, fuori da ogni regola.

    Parlano di “pace attraverso la forza”, ma è la vecchia logica imperiale che impone obbedienza con le bombe, ridisegna alleanze a colpi di missili e considera il diritto internazionale un dettaglio secondario.

    Questa non è diplomazia. È dominio.

    Il disarmo è l’unico antidoto a questa escalation: una scelta radicale che rifiuta la violenza come strumento di politica e apre la strada a una pace autentica.

    Nel pieno di una crisi sociale ed ecologica, il riarmo pare invece la vera priorità delle potenze globali.

    Anche l’Italia, col governo Meloni, segue questa direzione: portare le spese militari al 2% del PIL oggi e al 5% domani, come chiesto dalla NATO, significa investire 400 miliardi in dieci anni, sottraendoli a scuola, sanità, trasporti, clima e pensioni.

    A rimetterci saranno come sempre le fasce più deboli della popolazione.

    La premier Giorgia Meloni non ha ancora detto una parola.

    Continuerà ad andare a braccetto con Trump anche dopo un attacco illegale contro un paese sovrano? Continuerà a sostenere l’alleato Netanyahu?

    Il governo italiano non può essere complice di una nuova guerra di aggressione.Deve rompere il silenzio e fare pressione sulle istituzioni europee perché prendano le distanze ed esercitino un ruolo autonomo e attivo per la de-escalation e la diplomazia, non per l’allineamento militare.

    Ogni ora di ambiguità è un’ora regalata alla violenza.

    🔴 Come Sinistra die Linke condanniamo con fermezza l’attacco statunitense e l’arroganza dell’imperialismo trumpiano che pretende di riscrivere le regole del mondo a proprio vantaggio.

    Non accettiamo più che la sicurezza dei forti venga pagata con la distruzione altrui